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I TUMORI DELL’APPARATO GENITALE FEMMINILE I tumori dell’apparato genitale femminile originano e interessano soprattutto l’utero (endometrio e cervice), l’ovaio ed in misura inferiore vulva e vagina. Il tumore del corpo dell’utero (carcinoma dell’endometrio) è al quarto posto fra i tumori femminile (4,8%), dopo mammella, polmone, colon-retto. Il tumore della cervice segue quello dell’endometrio. Ha un’origine infettiva dovuta ad un’infezione da Papilloma Virus (HPV). I tumori ovarici sono costituiti non da una singola neoplasia ma da un gruppo di neoplasie eterogenee che originano dall’ovaio. I servizi offerti dal centro sono: • Colposcopia • Vulvoscopia • Peniscopia PREVENZIONE DEL CARCINOMA DELLA CERVICE UTERINA Il carcinoma della cervice uterina è il secondo tumore maligno nella donna, con circa 500.00 nuovi casi l’anno (l’80% nei Paesi in via di sviluppo) e 274.000 decessi ed è la terza causa di mortalità per cancro per la donna. Il carcinoma cervicale è stato il primo cancro ad essere riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come totalmente riconducibile ad un’infezione da HPV (Papilloma Virus Umano) trasmissibile sessualmente. Ad oggi sono stati identificati più di 120 genotipi di HPV che infettano la specie umana, dei quali circa 40 sono associati a patologie del tratto genitale inferiore, sia benigne che maligne. I diversi tipi di HPV sono classificati come virus a basso e ad alto rischio oncogeno (rispettivamente 6-11-40-42-43-44/45-70 e 16-18-31-33-35-39-45-51-52-56-58-59-66) I tipi 53-68-73-82 sono potenzialmente oncogeni. I genotipi a basso rischio oncogeno sono responsabili di lesioni benigne come i condilomi dell’area ano-genitale, mentre quelli ad alto rischio sono associati al cancro cervicale oltre a lesioni pre-neoplastiche della vulva, della vagina dell’ano. L’infezione da HPV è un’infezione a trasmissione sessuale, molto frequente soprattutto nelle persone giovani: la maggior parte si infetta entro pochi anni dall’inizio della attività sessuale. L’infezione è generalmente transitoria, il virus viene eliminato dal sistema immunitario prima di avere un effetto patogeno. Si stima che circa l’80% della popolazione, sessualmente attiva, contragga l’infezione almeno una volta nella vita. L’infezione regredisce spontaneamente, in un anno, in circa il 50% dei casi ed in due anni in circa 80% dei casi. La persistenza dell’infezione è la condizione necessaria perché il virus esplichi un’azione negativa sull’epitelio: i virus a maggiore potere oncogeno sono quelli a maggior persistenza. In questo caso possono svilupparsi lesioni precancerose che possono progredire a cancro della cervice. L’infezione si definisce persistente se vi è positività al test HPV per almeno due-tre volte consecutive in un determinato periodo di tempo circoscritto (1-2 anni). La probabilità di progressione è legata ad una serie di fattori di rischio, come l’elevato numero di partner sessuali, il fumo, l’uso prolungato di contraccettivi orali e infezioni multiple con altri agenti patogeni sessualmente trasmessi (Chlamydia Trachomatis e Herpes Simplex Virus di Tipo 2). Lo sviluppo del carcinoma cervicale è un processo lento: occorrono anni perché una lesione pre-cancerosa si trasformi in una neoplasia invasiva. La lentezza del processo (10-15 anni) consente di individuare precocemente e trattare le lesioni intraepitiali (CIN 2 o più gravi), interrompendo così il processo evolutivo. Il Pap test è una metodica utilizzata da oltre 60 anni per individuare il cervico-carcinoma e le lesioni pretumorali e si è dimostrato fino ad oggi un formidabile test di screening: non aver mai fatto un Pap Test nel corso della vita rappresenta il principale fattore di rischio per cancro della cervice uterina. Tuttavia la sensibilità e la riproducibilità del Pap Test sono state oggetto di critiche negli ultimi anni. Dati della letteratura evidenziano valori di sensibilità estremamente variabili, compresi fra il 19% e 76%. In anni relativamente recenti sono state introdotte nuove tecnologie accanto al Pap Test tradizionale. Fra queste senza dubbio il ruolo più importante lo svolge il test per l’identificazione del DNA degli HPV ad alto rischio. Il test viene attualmente utilizzato nel triage delle diagnosi citologiche borderline e nel follow up delle pazienti trattate per lesioni CIN 2 o più gravi (CIN 2+). Le procedure escissionali o ablative oggi utilizzate per l’esportazione della lesione sono estremamente efficaci (>90%) nel trattamento delle lesioni CIN 2+, sebbene vi sia una percentuale non trascurabile di recidive che necessitano di ulteriori terapie. Va inoltre sottolineato che le donne trattate per questo tipo di lesioni rimangono a maggior rischio per molti anni rispetto al resto della popolazione. La maggior sensibilità del test HPV ha come conseguenza un maggior numero di lesioni istologiche CIN 2+ trovate con la colposcopia. Questo comporta una migliore accuratezza della diagnosi istopatologia basata su criteri morfologici, ma anche su nuovi marcatori di prognosi. Inoltre, una percentuale non piccolo (30-40%) delle infezioni cervicali è multipla per cui si può avere la coesistenza di lesioni di diverso grado. Sono allo studio attualmente diversi test molecolari per l’identificazione dei sottotipi virali (genotipizzazione), metodi basati sulla rivelazione dell’mRNA di E6/E7 di virus HPV ad alto rischio; tutte queste metodiche devono però essere ancora validate da ulteriori studi per poter essere utilizzate nella routine clinica. Abbiamo parlato fino ad ora di prevenzione secondaria. Da qualche anno è disponibile anche in Italia la prevenzione primari grazie a vaccini anti HPV. I tipi ad alto rischio oncogeno di HPV 16 e 18 sono responsabili del 70% circa dei carcinomi cervicali. L’immissione in commercio di due vaccini contro i genotipi 16 e 18 ha aperto nuove frontiere alla prevenzione. Le indicazioni d’uso del vaccino sono basate sulla dimostrazione di efficacia in donne di età compresa fra i 16 e i 26 anni e sulle evidenze attualmente disponibili ma l’indicazione è stata estesa oltre anche se in accordo con le raccomandazioni della Organizzazione Mondiale della Sanità, i 12 anni risultano essere, nella realtà italiana, l’età più indicata per la vaccinazione.I tumori ovarici sono costituiti non da una singola neoplasia ma da un gruppo di neoplasie eterogenee che originano dall’ovaio. |
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